Una sindrome dolorosa per cui non c’è cura. Ma i cui disturbi si possono alleviare. Scopriamo cosa è la fibromialgia nella giornata mondiale dedicata
Lo sapevi che oggi, 12 maggio, è la Giornata mondiale della fibromialgia? Si tratta di una “malattia fantasma” difficile da diagnosticare e piuttosto dolorosa. Cerchiamo di scoprire insieme qualcosa in più sulla fibromialgia.
Iniziamo col dire che, anche se abbastanza sconosciuta, La sindrome fibromialgica non è una malattia rara. Anzi si può classificare una malattia cronica che interessa dal 2 al 4% della popolazione mondiale.
I sintomi della fibromialgia
Eppure, di questa patologia si è parlato pochissimo. Sarà forse perché è stata considerata per anni una non malattia. O meglio, una malattia “immaginaria“ piuttosto che “psicosomatica“.
Attenzione però, perché non si tratta di una semplice malattia, bensì di una sindrome in quanto presenta molteplici sintomi e segni clinici che interessano più organi ed apparati del nostro corpo.
Ma procediamo con ordine. La fibromialgia è una sindrome cronica caratterizzata da:
- dolore diffuso
- rigidità muscolare
- disturbi del sonno
- stanchezza cronica
- riduzione del tono
- sbalzi dell’umore
Le conseguenze della sindrome fibromialgica
Sintomi profondamente diversi ma tutti accomunati dalla capacità di compromettere il regolare svolgimento delle attività quotidiane sia da un punto di vista “meccanico” sia “psicologico” a causa dell’impatto negativo sulla maggior parte degli aspetti legati alla qualità della vita.
Generalmente, si manifesta tra i 25 e i 55 anni, specialmente tra le donne, anche se non è una patologia essenzialmente femminile. Spesso scambiata per reumatismi, solo negli ultimi anni la fibriomialgia è stata considerata come una sindrome più complessa e comunque differente dal disturbo reumatico classico.
Il punto è che, ancora oggi, non sono note le cause che portano alla sua insorgenza e al suo sviluppo, anche se molti ritengono che l’insorgenza abbia spesso cause multifattoriali. Attualmente non esiste una cura definitiva per la fibromialgia, ma questo non significa che non si possa intervenire per alleviarne dolori e disturbi.
La fisioterapia per la fibromialgia
Come abbiamo detto, anche se non esiste una cura definitiva, la fisioterapia può fare molto per ridurre i disturbi causati dalla fibromialgia.
Naturalmente esiste un approccio di tipo farmacologico contro i dolori articolari, tuttavia la fisioterapia può essere considerata come il rimedio più efficace contro questa sindrome. L’obiettivo principale della terapia fisioterapica è quello di migliorare la qualità della vita del paziente attraverso l’esercizio fisico, alleviando il dolore.
Il dolore, infatti, porta il paziente all’immobilità e di conseguenza a un peggioramento della forma fisica e della sintomatologia in generale. Un circolo vizioso che si può interrompere solo grazie a una programmazione di determinati movimenti allo scopo di ottenere un allungamento muscolare
Un lavoro che riguarda i ricettori sensoriali, sia muscolari che articolari
allo scopo di ristabilire un profilo neuromotorio fisiologico e di riacquistare, dunque, il controllo del movimento. L’obiettivo finale è quello di arrivare ad una rieducazione motoria e funzionale che garantisca un’elevata qualità della vita a tutti quei pazienti che devono convivere con la fibromialgia.
Per questo è importante lavorare sui tender points, ovvero quei punti del corpo la cui pressione provoca dolore localizzato nelle persone affette da fibromialgia, con tecniche osteopatiche passive.
Una delle più efficaci è senz’altro la Strain Counterstrain che permette di alleviare immediatamente il dolore agendo proprio in modo delicato su questi punti. Il paziente può così percepire immediatamente la diminuzione di tensione ed il nuovo equilibrio strutturale dell’area trattata.
Un approccio psicologico e comportamentale
Proprio perché è stata considerata per anni una malattia fantasma, è importante lavorare non solo dal punto fisioterapico ma anche da quello psicologico e comportamentale al fine di aiutare i pazienti a identificare le loro convinzioni distorte che influenzano la gravità dei sintomi e sostituire questi schemi disfunzionali con una corretta percezione del problema. In questo modo impediremo alla patologia di condizionare l’umore del paziente a tal punto da compromettere anche le relazioni sociali quotidiane.
L’approccio cognitivo-comportamentale, infatti, ritiene che le emozioni negative derivino da idee disfunzionali generate dal sistema di credenze della persona ed è tanto più importante quando si devono trattare disturbi per i quali non esiste una cura risolutiva.
Insomma, la malattia immaginaria esiste, eccome. E anche se non si può prevenire, grazie alla fisioterapia puoi fare molto.